Il Comune dimezza le sedi per votare al Referendum mentre cresce il numero da 36.000 a 43.000 degli elettori con meno ore per votare Un paradosso tutto empolese

Il Comune dimezza le sedi per votare al Referendum mentre cresce il numero
da 36.000 a 43.000 degli elettori con meno ore per votare
Un paradosso tutto empolese
43.156 persone dovranno votare al referendum il 9 novembre in poche sedi, per lo più mai utilizzate
prima per votazioni, dimezzate rispetto al numero consueto, da 22 sedi a 11, con spostamenti disagevoli
e scarsa informazione istituzionale.
Il Comune di Empoli, dopo aver scelto di non votare a primavera ma nel mese più disagevole, novembre,
spesso funestato da emergenze meteo, al primo referendum comunale abrogativo, e dopo aver negato
l’accorpamento con le regionali nella speranza di evitare il raggiungimento del quorum, va fino in fondo
nel boicottaggio del referendum chiesto da oltre 4.000 cittadini, scegliendo modalità di gestione minime
consentite dalle norme.
L’Amministrazione comunale persevera nella sua volontà di svuotare i veri strumenti di partecipazione
diretta della cittadinanza.
A quasi un mese dalla richiesta di incontro avanzata dal Comitato promotore, l’amministrazione
comunale ha convocato i rappresentanti del referendum soltanto tre giorni prima della pubblicazione
ufficiale delle sedi di voto, accogliendo un’unica proposta — quella di collocare dei cartelli informativi
fuori dalle consuete sedi elettorali per indicare le nuove sedi di voto — ma senza accogliere alcuna delle
altre misure proposte per facilitare la partecipazione dei cittadini.
Durante l’incontro, il Comune ha confermato che le sezioni elettorali saranno appena 11, solo la metà di
quelle normalmente attive, concentrate per la maggior parte al Palazzo delle Esposizioni (10 sezioni), al
Comune (3 sezioni), alla palestra comunale (4 sezioni) e con un unico seggio a Villanova anche per
Ponzano. Persino la sezione di Corniola sarà accorpata a Monterappoli.
Molte delle sedi di voto abituali, come le scuole che potevano essere utilizzate, non lo saranno e i cittadini
dovranno recarsi in nuove sedi mai usate prima, spesso lontane dalle consuete e meno accessibili.
Su 43.156 aventi diritto al voto — con un quorum fissato a 21.579 votanti — questa scelta comporterà
disagi significativi, soprattutto per chi ha difficoltà a spostarsi ed in un periodo tipicamente piovoso. È
evidente il timore del Comune che questo numero possa essere raggiunto.
Ne è un chiaro esempio il fatto che l’amministrazione abbia deciso di far votare 3.000 cittadini di
Ponzano nella non vicina frazione di Villanova, che conta appena 300 abitanti e presenta evidenti
problemi di parcheggio e accessibilità, quando al contrario sarebbe stato più logico e coerente con i
principi del favorire la partecipazione fare il contrario. Stessa situazione anche per Serravalle, i cui circa
3.000 cittadini dovranno votare a Cortenuova, dove esistono problemi di parcheggio e viabilità.
Nonostante le nostre richieste, l’amministrazione ha dichiarato apertamente che non intende fare
alcuno sforzo oltre il minimo previsto dalla legge.
Un esempio: nessuna comunicazione individuale ai cittadini tramite WhatsApp; nessuna informazione
diretta presso i seggi. Avevamo chiesto di distribuire ai cittadini che voteranno per le regionali, dopo
aver espresso il voto, un’informativa con la data del referendum e le nuove sedi di voto, ma ci è stato
risposto che non lo avrebbero fatto; solo i canali ordinari (sito web e social istituzionali), pur
ammettendo che non raggiungeranno tutti gli elettori.
Di fronte a questo vuoto informativo, noi cittadini ci siamo attivati.
Il Comitato referendario ha realizzato in poche ore, con mezzi propri, una applicazione online che
consente a ogni elettore di trovare la propria nuova sede di voto inserendo il proprio indirizzo di
residenza.
Lo strumento è disponibile sul sito del Comitato al link:
www.trasparenzaperempoli.it/cercasede.html
Un servizio utile e immediato che avrebbe potuto — e dovuto — essere realizzato dall’amministrazione
comunale, se solo avesse voluto realmente agevolare la partecipazione.
Il segretario comunale ha precisato che l’amministrazione è tenuta a rispettare solo ciò che la legge
prevede, mentre il sindaco ha dichiarato che non spetta all’amministrazione mobilitare i cittadini, ma al
comitato promotore, rimarcando cosi la contrapposizione tra istituzioni e cittadini.
Eppure, i fatti dimostrano che l’impegno di questa amministrazione è stato ben diverso in occasione di
altre consultazioni.
Per il referendum di giugno — sostenuto apertamente da tutti i partiti di maggioranza di questa
amministrazione — il Comune ha utilizzato anche il canale WhatsApp istituzionale, sia per informare i
cittadini prima del voto che per diffondere i risultati subito dopo.
Oggi invece, per il referendum cittadino sui servizi pubblici, quello stesso canale viene improvvisamente
negato: una scelta che, da sola, dice più di mille parole.
Il risultato è chiaro: invece di favorire la partecipazione democratica, si continuano a scegliere modalità
che rendono più difficile raggiungere il quorum, ostacolando di fatto l’espressione della volontà
popolare.
Noi prendiamo atto di questa decisione, ma chiediamo che i cittadini siano realmente messi in
condizione di decidere il destino di questo referendum e che questo non sia condizionato
dall’amministrazione comunale o da altri livelli di potere.
La democrazia non è il minimo previsto dalla legge: è responsabilità, trasparenza e partecipazione, per
questo, dal 14 ottobre intensificheremo le nostre iniziative pubbliche, i banchini informativi e gli
incontri nei quartieri per garantire che ogni cittadino sappia dove e come votare, e che nessun ostacolo
amministrativo possa soffocare la voce del popolo empolese.

Comitato referendario Trasparenza per Empoli


