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La scomparsa dello storico Klaus Voigt legato al Museo della Deportazione di Prato

Questa notte, vinto da un breve e terribile male, si è spento in ospedale a Berlino il Prof. Klaus Voigt, storico insigne e pietra miliare per lo studio dell’esilio ebraico in Italia e delle vicende di intellettuali ed esuli oppositori del Reich. Berlinese di nascita (1938), ma cosmopolita per relazioni e docenze, dopo il dottorato di ricerca presso la Libera Università di Berlino, era stato ospite di prestigiosi atenei in Francia (Parigi, Nancy) e negli USA (Cornell University).

Ma il legame più profondo, da sempre coltivato, Klaus Voigt l’ha intrattenuto con l’Italia. Soprattutto con la Toscana e con l’Emilia. Come docente, presso le Università di Siena e Bologna, e come assistente e borsista presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Assiduo e prezioso interlocutore culturale delle nostre istituzioni (Consiglio Regionale, Provincia, Comune, Istituti Storici della Resistenza) – in particolare nel primo decennio di questo secolo e in occasione del 60° anniversario della Resistenza e Liberazione in Toscana – ha proposto e curato mostre e iniziative accompagnate da pubblicazioni e cataloghi di grande interesse. Tra le tante ricordiamo la mostra Klaus MannEduard Bargheer, Due esuli tedeschi nella Firenze liberata 1944-45, ospitata in Palazzo Vecchio nel 2004, e il libro “Un amico a Lucca. Ricordi d’infanzia e d’esilio” con lettere inedite di Don Arturo Paoli all’amico ebreo da lui salvato e divenuto un affermato intellettuale tedesco.

Oltre al fondamentale “Il rifugio precario” edito da La Nuova Italia, 1993-96, in due volumi, sull’esilio ebraico in Italia dal 1933 al 1945, è da ricordare l’approfondito studio della vicenda dei ragazzi ebrei di Villa Emma a Nonantola: “Villa Emma. Ragazzi ebrei in fuga 1940 – 1945”, edito da La Nuova Italia, Firenze-Milano 2002; lavoro che gli ha valso la cittadinanza onoraria di quel Comune.

Appassionato di arte, ha collaborato a lungo con la Akademie der Künste e con il Politecnico di Berlino. In questi ultimi mesi stava lavorando a un libro e alla realizzazione di una mostra sul pittore ebreo tedesco Rudolf Levy, arrestato a Firenze e ucciso ad Auschwitz.

Legato al Museo della deportazione di Prato, del cui Comitato Scientifico faceva parte, ha al suo attivo un’imponente mole di lavori scientifici.

Il Prof Voigt lascia tra chi lo ha conosciuto un vuoto enorme, di natura non solo culturale. Per la affabilità, l’energia, l’ottimismo che in lui facevano il paio con la serietà dell’indagine storica e per l’esigenza morale di fare fino in fondo i conti con la travagliata storia della nostra Europa, ben consapevole che coltivarne insieme e in pace la ricostruzione e la comprensione è la via maestra per scoraggiarne, anche se in forme nuove, la ripetizione.

Franca Ciari

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